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È solo una stolida arroganza quella che fa pensare che “la cultura non si mangia” o che non dia da mangiare. Se si pensa solo alle schiere di maestri e artigiani che hanno lavorato in Italia e hanno portato in tutto il mondo occidentale e orientale (Pietroburgo docet) per secoli e secoli l’arte italiana, in tutte le sue forme e declinazioni, si conclude che vale invece l’esatto contrario: e se non vale, o non vale più, qualcosa si è inceppato nei meccanismi di produzione e fruizione, pur negli inevitabili mutamenti che committenza e pubblico hanno subito nell’epoca contemporanea. Si tratta di investire, di mettere a frutto, di chiamare a raccolta le risorse di intelligenze di creatività. Di interrogarsi sulle funzioni di un volontariato e sulle negatività del precariato e dello sfruttamento; sull’importanza di dare e chiedere competenza. Non occorrono miliardi per farlo. Soprattutto si deve capire quanto alla dimensione comunitaria della città una vita civile e culturalmente degna di questo nome è in grado di dare nuova, continua, ricchezza. Che la tolga dal torpore provinciale in cui sta lentamente sprofondando.
Anche nell’attività di quest’anno resta dunque ferma la prima indicazione di metodo da cui è nata l’associazione Ripensare il mondo: un verbo che allude al bisogno di interrogarci a tutto campo, i margini della labilità e dell’incertezza sono sempre più ampi, impossibile sottrarci al primo compito, il “buon uso del mondo” che parta dal valore dato e condiviso della bellezza. |
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Per raggiungere il complesso di San Cristo (in cortile ampio parcheggio) si entra da piazza Tebaldo Brusato, via Cattaneo, svoltando a destra in via Veronica Gambara e salendo fino alla Chiesa di San Cristo, dei missionari saveriani.
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